Prestigioso riconoscimento per l’Ospedale al recente Convegno nazionale dell’Associazione italiana ingegneri clinici: di quali strumenti ha bisogno chi si fa carico di una persona ammalata o disabile? Supportare i familiari ottimizzando i processi di cura e assistenza è la risposta fornita dal lavoro svolto da Humanitas Gradenigo.
Formare chi si prende cura: è l’idea che ha permesso a Humanitas Gradenigo di aggiudicarsi un importante riconoscimento all’interno del 18esimo Convegno nazionale dell’AIIC (Associazione italiana ingegneri clinici), svolto a Roma tra il 10 e il 12 maggio scorsi. “Valutare il bisogno formativo dei caregiver in ospedale al fine di ottimizzare i processi di cura e assistenza”: è il titolo completo del lavoro che nella categoria “Health operations – Project management” ha sbaragliato il campo risultando vincitore assoluto.
Con la parola caregiver s’indica ormai comunemente “chi si prende cura” e ci si riferisce in primis a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile. «Le pratiche educative rivolte ai caregiver in ambito ospedaliero possono garantire la continuità delle cure, supportare le attività di “self-care” (cura della propria persona), ridurre gli eventi acuti e le re-ospedalizzazioni, aumentare l’aderenza a programmi di follow-up, ridurre i fenomeni di “burden” e “burnout” (vale a dire, il peso dell’incarico e il conseguente esaurimento) legati all’attività di caregiving, favorire il coinvolgimento della persona assistita». È la premessa del lavoro che reca le firme di Barbara Carisio, studentessa dell’Università Cattolica di Roma e infermiera di Humanitas Gradenigo; Maria Luisa Toso, responsabile del servizio di Continuità assistenziale dell’Ospedale; Roberto Ferrone, responsabile dei Servizi assistenziali sanitari dell’Ospedale e del dottor Aldo Montanaro, responsabile dei Servizi assistenziali sanitari di Humanitas Torino.
«Per raggiungere l’obiettivo, nel nostro Ospedale s’è sperimentato un metodo di valutazione del bisogno formativo dei caregiver», precisano gli autori del progetto. Sono stati costruiti e sperimentati strumenti di valutazione che hanno coinvolto caregiver e infermieri attraverso questionari, interviste e narrazioni spontanee, utili a condurre a una visione d’insieme di quali sono le esigenze di formazione dei caregiver: «Si tratta di una funzione spesso affidata a familiari o extra familiari, frutto di una necessità o di un’emergenza ma priva di una conoscenza circostanziata del compito richiesto». Il bisogno di aiuto si traduce nella necessità di una continuità assistenziale di 24 ore al giorno della quale non può farsi carico una sola persona: «È per questo motivo che serve un percorso di educazione terapeutica rivolto ai caregiver», sottolinea il team che ha realizzato il progetto, prima di elencare le tematiche nelle quali dovrebbe essere articolato: «Abilità tecnico pratiche, comprensione della malattia e relativi trattamenti, riconoscimento dei sintomi e prevenzione delle complicanze evitabili, conoscenza dei principali servizi di supporto psicologico in ambito ospedaliero e, nei casi di continuità assistenziale, anche in ambito territoriale».
«Analizzare i bisogni formativi rappresenta la prima tappa della progettazione di un intervento formativo – aggiunge il dottor Montanaro -. Sarebbe quindi importante adottare questo metodo come strategia permanente per rilevare, oltre alle necessità associabili a tutte le persone che assumono la funzione di caregiver, le specificità correlate alle singole situazioni familiari e assistenziali».
Il concorso promosso dall’Associazione italiana ingegneri clinici prevedeva la presentazione di un progetto innovativo per promuovere soluzioni a piccoli e grandi problemi in sanità coinvolgendo tutti gli attori del sistema sanitario e della tecnologia (intesa come dispositivo medico e apparecchiatura elettronica), ma anche percorso diagnostico, di cura o gestione del paziente e degli strumenti. Sono stati 147 i progetti ammessi alla selezione finale e sottoposti al giudizio di una giuria popolare e di una giuria specialistica rappresentata da autorevoli professionisti del settore, docenti universitari e giornalisti specializzati in sanità.
I criteri di valutazione che hanno permesso a Humanitas Gradenigo di spiccare e portare a casa l’ambito riconoscimento menzionavano, tra le altre cose, originalità e innovatività nonché applicabilità alle strutture sanitarie. Tutte caratteristiche che l’Ospedale ha già recepito e messo in atto con il progetto “Non più soli in dimissione”, attivo già da un anno con esiti confortanti. Del resto, anche la popolazione piemontese invecchia: numeri del 2015 riportano che il 18,5 per cento degli uomini e il 25 per cento delle donne hanno più di 65 anni, un numero che porta all’aumento cospicuo delle cosiddette “dimissioni difficili”, quelle che cioè a un evento acuto fanno seguire una situazione di disabilità permanente o temporanea richiedente una riorganizzazione familiare.