Un progetto formativo rivolto a famiglie e caregiver assiste il paziente fragile e le sue “dimissioni difficili” fornendo gli strumenti adeguati a chi lo seguirà quando sarà tornato a casa. «Un’esigenza sempre più sentita e legata al progressivo invecchiamento della popolazione», spiega il dottor Aldo Montanaro, direttore dei Servizi assistenziali sanitari degli Ospedali Humanitas di Torino.
Prendersi cura del paziente dimesso dall’ospedale affinché non sia più solo. È la finalità del progetto formativo, rivolto a famiglie e caregiver, studiato da Humanitas Gradenigo in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e già operativo nel reparto di Medicina dell’Ospedale.
Somministrare i farmaci, eseguire una medicazione semplice o gestire un catetere vescicale, controllare parametri e funzioni vitali, riconoscere sintomi acuti ed eventi sentinella: «È un processo di educazione terapeutica realizzato prima del rientro a casa del paziente e finalizzato a una sua corretta gestione dopo la dimissione dall’Ospedale», precisa il dottor Aldo Montanaro, direttore dei Servizi assistenziali sanitari di Humanitas Torino. «Destinatarie del progetto sono le persone che, oltre alle cure sanitarie, hanno bisogno di assistenza – aggiunge -. Addestrare chi si prenderà cura di loro affinché possa poi seguirli in modo adeguato è la risposta che abbiamo individuato per far fronte a un’esigenza sempre più evidente».
«Il disorientamento post ricovero è un problema molto sentito – conferma la dottoressa Stefania Fabbri, docente di Educazione terapeutica e curatrice del progetto -. Siamo partiti dal reparto di Medicina perché è quello più esposto: spesso i pazienti dimessi sono anziani e soli o seguiti da un caregiver altrettanto anziano, nel 60 per cento dei casi le loro dimissioni si traducono in un semplice ritorno a casa e nell’assenza di qualsiasi servizio di supporto. Ci siamo perciò chiesti se e come potevamo farci carico di certi problemi e per riuscirci abbiamo messo insieme forze e competenze di tutto l’Ospedale».
A cominciare dal Servizio per la Continuità assistenziale che, da diciotto anni, è attivo in Humanitas Gradenigo per aiutare il paziente e la sua famiglia ad affrontare i problemi di carattere socio-assistenziale emersi durante il ricovero: «Questo progetto rappresenta la modifica di un modo di fare purtroppo consolidato – spiega Maria Luisa Toso, responsabile del Servizio -: in genere il parente viene quasi “espulso” dalla stanza del paziente per tutta la durata della degenza, salvo poi essere bombardato da troppe informazioni il giorno della dimissione. È molto meglio collaborare da subito, investendo gli infermieri di reparto dell’importante compito di educare alla terapia chi si occuperà del paziente che tornerà a casa».
Roberto Ferrone, coordinatore infermieristico della Medicina di Humanitas Gradenigo, ha perciò lavorato con personale e parenti del reparto per dare concretezza al progetto: «Gli infermieri hanno seguito uno scrupoloso percorso di formazione che ha permesso loro di familiarizzare con una serie di situazioni tipiche dell’anziano fragile e specifiche dei bisogni che contraddistinguono la sua presa in carico», afferma. Un percorso che alla fase teorica ha rapidamente affiancato quella pratica, realizzata nella modifica del modello organizzativo della Medicina e nell’inserimento del progetto nella pratica assistenziale dell’Ospedale: «Gli infermieri hanno risposto con grande entusiasmo e si sono messi al servizio del progetto recependo con grande motivazione una modalità tanto innovativa», aggiunge Roberto Ferrone.
E i caregiver? Come hanno risposto a questa inedita forma di attenzione? «Sono rimasti molto sorpresi del fatto che qualcuno di prendesse cura di loro – risponde Maria Luisa Toso -. Del tempo che un infermiere dedicasse loro per spiegare e mostrare come si esegue un’iniezione di insulina o si sorveglia una stomia». Spiegazioni e dimostrazioni che si sono avvalsi di teoria e pratica: role playing con i docenti di Educazione terapeutica all’interno di una saletta dedicata alle esercitazioni hanno fatto il resto.
Quanto realizzato nel reparto di Medicina di Humanitas Gradenigo si chiama: “Non più soli in dimissione. Un progetto educativo rivolto al caregiver”. «Non vuole in alcun modo sovrapporsi ai servizi già presenti sul territorio – puntualizza il dottor Montanaro – ma piuttosto rappresentare un’opportunità di integrazione tra professionisti ospedalieri e territoriali al fine di facilitare il percorso tra ospedale e domicilio del cittadino». Dati del 2015 dicono che in Piemonte il 18,5 per cento degli uomini e il 25 per cento delle donne ha più di 65 anni: la popolazione invecchia e i pazienti fragili dalle “dimissioni difficili” (quelle che a un evento acuto fanno seguire una situazione di disabilità permanente o temporanea richiedente una riorganizzazione familiare) aumentano: «Ecco perché è tanto importante preparare il caregiver alla gestione delle attività assistenziali e di cura che svolgerà al domicilio per la cura del malato – conclude la dottoressa Stefania Fabbri -. In questo modo si favorirà un reinserimento “protetto e informato” nelle proprie case affinché i caregiver non si sentano soli nella gestione della persona fragile né privi di strumenti per poter affrontare nel quotidiano la complessità dell’assistito».