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In Humanitas Gradenigo, il mal di testa si cura anche con la dieta chetogenica

Lo studio dell’Ospedale è stato condotto su un gruppo di pazienti afflitti da emicrania cronica e fortemente resistenti ai farmaci: in oltre l’80 per cento dei casi si è registrato il miglioramento nella frequenza, nella gravità e nella durata degli attacchi.

 

Contro il mal di testa può essere efficace la dieta chetogenica. È quanto afferma lo studio condotto all’Ospedale Humanitas Gradenigo su un gruppo di pazienti, in prevalenza normopeso, afflitti da emicrania cronica e fortemente resistenti ai farmaci. Si tratta di pazienti alle prese con una sintomatologia fortemente in grado di impattare sulla loro qualità di vita (parliamo di circa 30 attacchi al mese di intensità media e di durata variabile dalle 2 alle 24 ore) e che hanno riportato sensibili miglioramenti relativi a frequenza, gravità e durata degli attacchi. In oltre l’80 per cento delle pazienti s’è registrata una riduzione nel numero di ore di cefalea al giorno e nella durata media degli attacchi (circa il 70 per cento in meno per entrambi gli aspetti), s’è altresì ridotta l’intensità del dolore (di oltre un terzo) nonché il numero dei farmaci assunti al mese (oltre l’80 per cento). «In certi casi, dopo solo un mese, abbiamo registrato la totale scomparsa del sintomo, in altri abbiamo visto una fortissima riduzione del numero di attacchi e un conseguente calo nel ricorso a farmaci», spiega la dottoressa Daria Bongiovanni, dietista dell’Ospedale Humanitas Gradenigo che da anni sostiene lo studio e l’applicazione dei processi legati alla nutrizione in collaborazione con l’Endocrinologia dello stesso ospedale diretta dal professor Fabio Orlandi.

Peraltro, lo studio sul trattamento di emicrania cronica avviene in collaborazione con la dottoressa Nicoletta Rebaudengo, referente dell’Ambulatorio Cefalee della Neurologia di Humanitas Gradenigo diretta dal dottor Pietro Pignatta e con la consulenza del dottor Giovanni Battista Allais, farmacologo clinico e responsabile del Centro cefalee della donna della Città della Salute e della Scienza di Torino. Lo studio rappresenta un valido esempio di come la dieta chetogenica possa essere utilizzata nell’ambito di team multidisciplinari: «All’interno dell’Ospedale – conferma la dottoressa Bongiovanni – utilizziamo da tempo percorsi dietoterapici che si basano sulla chetogenica e coinvolgono le aree di applicazione metabolica, neurologica, oncologica e pre-chirurgica».

La dieta chetogenica è basata su forti evidenze scientifiche ed è stata validata nel 2015 dall’EFSA (European Food Safety Authority). Si tratta di una dieta rigorosamente strutturata e adottata con riconosciuta efficacia dagli anni ’90 per obesità, sovrappeso e malattie metaboliche. In tempi più recenti è stata presa in grande considerazione anche in campo neurologico, oltre che per l’epilessia, per combattere l’emicrania o sostenere terapie rivolte ad alcune malattie degenerative come SLA, sclerosi multipla, malattia di Parkinson, Alzheimer e altre. Infine, in Oncologia la dieta chetogenica funziona come supporto a radio e chemioterapia.

L’efficacia della dieta chetogenica si rivela nella produzione controllata da parte dell’organismo di corpi chetonici, vale a dire delle sostanze prodotte in modo naturale quando ci si trova in condizioni particolari, ad esempio quando il glucosio scende sotto una certa soglia. «I corpi chetonici rappresentano benzina eccezionale per muscoli, cuore e cervello – continua la dottoressa Bongiovanni – e, in caso di sovrappeso, permettono una liposuzione naturale con assenza di appetito e stato di benessere». Strumenti efficaci per favorire il benessere del paziente e, se necessario, diminuire fortemente il peso («È una dieta dall’apporto calorico modulabile che, quando viene applicata con un basso contenuto calorico, favorisce un dimagrimento rapido: si possono perdere anche dieci chili in un mese, l’80 per cento dei quali di soli grassi», sottolinea la dottoressa Bongiovanni). E a tavola? «La dieta chetogenica è basata in prevalenza su proteine e verdure ed è dotata di corretti apporti proteici che la differenziano dalle diete iperproteiche non fondate su evidenze scientifiche», conclude la dottoressa Daria Bongiovanni. Dura da uno a sei mesi ed è seguita da un periodo di transizione che mira a reintrodurre in modo progressivo i carboidrati e a condurre, infine, al cosiddetto mantenimento.